Come incordare un impasto

Come incordare un impasto

Chi si diletta in cucina prima o poi si troverà inevitabilmente ad affrontare l’ardua sfida che i lievitati rappresentano. Sapere come incordare un impasto e dar vita a una maglia glutinica resistente, capace di trattenere l’anidride carbonica che si sviluppa in fase di lievitazione, può dare grandissime soddisfazioni. Un’incordatura fatta ad arte consentirà di realizzare impasti soffici, leggeri e ben alveolati, vere e proprie delizie per il palato da gustare e offrire.

L’importanza della maglia glutinica

Da qualche tempo la panificazione in casa è un trend in ascesa, una piacevole attività da svolgere tra le mura domestiche per trascorrere il proprio tempo dando vita a manicaretti deliziosi, dolci o salati, da gustare in famiglia o con gli amici. Per ottenere prodotti perfettamente lievitati è di fondamentale importanza sapere come incordare un impasto e perché tale passaggio sia essenziale alla buona riuscita delle nostre creazioni.

Glutenina e prolammina sono 2 proteine contenute nei cereali che, durante la lavorazione e grazie all’aggiunta di acqua, danno vita al glutine. La maglia glutinica, a sua volta, è una sorta di reticolo capace di trattenere al suo interno l’anidride carbonica che in fase di lievitazione viene generata da batteri lattici e lievito, principali responsabili della trasformazione degli zuccheri. Più la maglia glutinica sarà resistente e migliore sarà ogni impasto incordato, capace di presentare alveolature regolari e assicurare prodotti leggeri paragonabili a quelli professionali.

1. Forza delle farine

Come fare per ottenere sempre una perfetta incordatura? Tra le prime cose a cui prestare attenzione c’è senza dubbio l’aspetto legato alla qualità della farina, poiché per ogni impasto esiste una farina giusta da scegliere in modo da essere certi di raggiungere i risultati sperati. Per questa ragione è necessario introdurre il concetto di forza della farina, espressa con il simbolo W sempre più comunemente presente e ben evidenziato sulle confezioni.

La forza di una farina è la sua capacità di sviluppare il glutine che, a sua volta, favorirà la fase di incordatura e la formazione di maglie glutiniche più o meno resistenti quando si cerca di incordare un impasto.

Per le lunghe lievitazioni e impasti ad alta idratazione è necessario scegliere farine forti, come ad esempio la Manitoba, capaci di supportare tempi lunghissimi fino a oltre 70 ore, necessari per ottenere panettoni e altri dolci simili che possano svilupparsi adeguatamente in altezza rimanendo sofficissimi. In questo caso la forza dovrà mostrare valori di circa W460 e non inferiori a W340.

Qualora si intenda invece impastare pane, pizze oppure biscotti e torte, con tempi di lievitazione che non superino le 24 ore totali, sarà possibile scegliere una farina debole o media, come una W260 o una W280, capace comunque di garantire una buona incordatura.

2. Bassa e alta idratazione

In base alle preparazioni che si intende portare in tavola è lecito domandarsi quanta acqua aggiungere alla farina per una buona incordatura. Innanzitutto si dovrà ricordare che le farine forti sono maggiormente indicate per impasti ad alta idratazione, mentre sarebbe preferibile usare quelle deboli solo per quelli a bassa idratazione.

Un impasto ad alta idratazione prevede di aggiungere in relazione al peso della farina un’alta percentuale di acqua, ovvero dall’80% fino al 100% di liquido. Si dovrebbe così calcolare, per 1 kg di farina, di mettere da 800 ml fino a 1 L di acqua. Per impasti a bassa o media idratazione invece saranno sufficienti da 450 a 620 ml, ovvero una percentuale minima del 45% e fino al 62 o 65% per assicurarsi una buona incordatura.

Esistono pure impasti a bassa idratazione nei quali non sarà necessario o possibile il formarsi delle maglie glutiniche, come per esempio le frolle. Queste devono rimanere croccanti e friabilissime per essere realizzate ad arte, e sarebbe inutile incordare un impasto di questo tipo favorendo la formazione di glutine. Per risultati ideali, quindi, oltre ad aggiungere pochissimo liquido e idratare la farina al minimo, si dovrà lavorare a mano o in planetaria solo per qualche minuto.

3. Tempi e temperature

Affinché la farina abbia modo di assorbire l’acqua, ciascun impasto deve essere lavorato per un tempo più o meno lungo e a una temperatura adeguata. In impasti ad alta idratazione possono servire da 40 minuti a 1 ora intera, necessari al fine di ottenere una giusta incordatura, mentre 20 minuti potrebbero essere sufficienti per impasti a bassa idratazione.

Per abbreviare i tempi necessari a incordare un impasto si può ricorrere a una pratica nota come autolisi. In questo caso dovrà essere versata sulla farina solo una percentuale del liquido necessario alla preparazione finale, pari circa al 40% e non superiore al 70% di acqua o latte previsti dalla ricetta, e si dovrà far riposare il tutto per circa 3 ore dopo aver mescolato rapidamente con un cucchiaio. Solo trascorso questo tempo si potrà iniziare a impastare versando il restante liquido e velocizzando la fase di incordatura e formazione di glutine.

Anche la temperatura è un altro parametro da tenere sotto controllo, poiché le sollecitazioni meccaniche e l’attrito prodotto dalle mani o dal gancio dell’impastatrice potrebbero surriscaldare e stressare gli impasti rompendone le maglie glutiniche e vanificando i passaggi precedenti.

Se si prevede di impastare a lungo, quindi, considerato che la temperatura ideale per la lievitazione dovrebbe rimanere intorno ai 26 °C, meglio aggiungere acqua a temperatura ambiente o fredda, oppure lavorare a intermittenza facendo delle brevi pause e magari mettendo in frigorifero il composto per qualche minuto prima di proseguire.

4. Impastare a mano

Per fare incordare un impasto non è necessario avere in casa dotazioni e strumenti da chef come la planetaria, ma si può procedere con la panificazione e la realizzazione di lievitati seguendo l’esempio delle nostre nonne e dedicandoci con pazienza e tenacia a ricette della tradizione da lavorare anche a mano.

Certamente si tratta di un procedimento più lungo e leggermente più faticoso per ottenere la formazione di glutine, ma per molti questa attività è un vero e proprio rimedio contro lo stress, capace di scaricare la tensione della giornata e di produrre soddisfacenti risultati e fragranti prodotti da forno.

Uniti assieme acqua, lievito e farina, il movimento corretto, da effettuare a mano per un tempo compreso tra i 15 e i 25 minuti minimo, prevede di ripiegare ripetutamente il nostro impasto su se stesso, muovendolo quindi in avanti su una spianatoia utilizzando la parte alta del palmo e riportandolo verso di noi per ricominciare. Potremo fermarci quando avremo ottenuto un impasto vellutato e ben sodo, una palla elastica e liscia da lasciar lievitare per il tempo richiesto.

5. Uso della planetaria

Chi ha la fortuna di avere in casa una buona impastatrice planetaria potrà certamente usarla per incordare un impasto in tempi più brevi ed evitando di stancarsi quanto invece accadrebbe impastando esclusivamente a mano. In questo caso si può inserire nella ciotola della planetaria ciò che occorre per la ricetta da realizzare, dalla farina ai liquidi insieme al lievito, avendo cura di attendere prima dell’inserimento del sale.

Negli impasti ad alta idratazione, per favorire l’assorbimento di acqua e incordare correttamente il nostro impasto, sarebbe opportuno versare prima una parte di acqua e aggiungere altro liquido solo gradualmente, dando tempo alla farina di incorporarlo pian piano mentre la planetaria è in azione.

Per capire se si è riusciti a incordare un impasto in planetaria nel modo giusto, non potendolo toccare e non avvertendone quindi la consistenza, lo si dovrà osservare. Dapprima si formeranno dei filamenti elastici e appiccicosi, che dalle pareti della ciotola della planetaria vanno verso il gancio centrale, indicandoci il momento giusto per aggiungere il sale in una percentuale non superiore al 2,5%.

Col trascorrere dei minuti tutta la massa di impasto si staccherà dal fondo e dalle pareti, lasciandole perfettamente pulite e aggrappandosi al gancio. Quando il nostro impasto è elastico e compatto vorrà dire che è incordato e può essere fatto scivolare dal gancio per iniziare la fase di lievitazione.

6. Fruste e velocità

Se si possiede una impastatrice planetaria di medio o alto livello si disporrà di accessori e regolazioni che è bene conoscere e sfruttare nel migliore dei modi. Quando si cerca di comprendere quale gancio usare per incordare un impasto la scelta è tra il gancio a foglia e quello a J. Il gancio a foglia è particolarmente indicato per impasti contenenti burro e per la prima fase di impasto ad altissima idratazione.

Per favorire l’assorbimento graduale di acqua o per impasti che richiedano idratazione inferiore, anche molto bassa, il gancio a J è l’ideale, ciò perché facilita il raggruppamento della massa su di sé. Per quanto concerne invece la regolazione della velocità sarebbe sempre opportuno iniziare con un livello minimo, da 1 a 2, quando si inizia a mescolare gli ingredienti, e quindi passare a 3 o 4 nella fase successiva.

La velocità settata per il movimento della planetaria non dovrà essere mai eccessivamente alta, come spesso mostrano molti video sul web, ciò per evitare di surriscaldare il nostro impasto e rompere le maglie formate dal glutine. Si potranno fare delle piccole pause per evitare tale inconveniente, soprattutto se si impasta per tempi superiori ai 30 minuti o se si lavora quando il clima è particolarmente caldo, ad esempio in estate o in una stanza riscaldata.

7. Verificare l’incordatura

Sia che si impasti a mano o avvalendosi della planetaria, quando si vuole incordare un impasto ed essere certi del risultato ottenuto si può ricorrere a prove ben precise. Se si usa una impastatrice planetaria, oltre a verificare visivamente che la massa sia, come nei video, ben compatta, liscia ed elastica, al sollevarsi del gancio essa deve scendere verso la base della ciotola lentamente e senza strapparsi, in questo modo saremo certi di essere riusciti a incordare un impasto ad hoc. Ciò risulta di fondamentale importanza, assicurandoci di non avere brutte sorprese in fase di lievitazione.

Un’altra prova da mettere in pratica è quella del velo, spesso suggerita per dare un parametro oggettivo pure ai meno esperti e a quanti si accostano all’arte dei lievitati e della panificazione con il desiderio di perfezionarsi. Una volta formatasi la palla di impasto ci si dovrà inumidire le mani e pizzicare la pasta tendendola quindi verso l’esterno. Se si è riusciti a incordare un impasto perfetto la pasta tenderà ad allargarsi senza subire strappi, assottigliandosi sino a divenire trasparente e sottile come un tessuto, mostrando le forti maglie del glutine che preannunciano una lievitazione da manuale.

8. Lievitazione e pieghe

A questo punto non rimane che far riposare quanto ottenuto dopo aver fatto incordare un impasto specifico, tenendo conto delle indicazioni della ricetta per i tempi necessari a fare almeno raddoppiare in volume la massa. È possibile far incordare un impasto e rafforzarne le maglie anche eseguendo alcuni piccoli gesti, come quello di fare delle pieghe durante la lievitazione.

Al fine di rafforzare la struttura delle maglie, che potrebbe distendersi e rilassarsi durante la lievitazione, si potrà piegare il proprio impasto su se stesso per 3 volte. Questa operazione si può fare subito dopo aver impastato o quando la massa avrà già raddoppiato il volume.

Al fine di creare una struttura ben tesa è possibile realizzare le piegature più volte, avendo cura di attendere circa mezz’ora per quindi procedere nuovamente con questo gesto semplice ma capace di assicurare un’alveolatura al top.